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IL NOME E IL VOLTO DELL’AMORE: 40 anni dalla morte di Madre Speranza
/0 Commenti/in Notizie /da Famiglia dell'Amore MisericordiosoUNA MISMA FAMILIA, segno profetico nella Chiesa e nel mondo. XXI Assemblea SDFAM (14-18 novembre)
/0 Commenti/in Notizie /da Famiglia dell'Amore MisericordiosoFinalmente, dopo la sofferta e forzata interruzione di due anni, a motivo della pandemia del Covid -19, dal 14 al 18 novembre, si è svolta a Collevalenza la XXIª Assemblea SDFAM-FAM: “Camminiamo insieme uniti come una pigna”. Nello spirito delle origini, in comunione con la Chiesa universale che sta vivendo l’esperienza del Sinodo, sulla scia dell’XI Capitolo Generale FAM (gennaio 2022), sono stati approfonditi i temi del camminare insieme uniti a Cristo: “Profeti della vita interiore per conformarci all’Amore Misericordioso” (mons. Domenico Cancian); come famiglia carismatica: “La convivialità delle differenze: luci e ombre” (D. Ruggero Ramella, sdfam); con i sacerdoti: “La fraternità: una profezia scomoda” (D. Angelo Spilla, sdfam); con i giovani: “L’emergenza educativa nel cambiamento d’epoca” (D. Beniamino Nuzzo, sdfam)
Gradita e arricchente è stata la partecipazione e la testimonianza dei vescovi emeriti in servizio pastorale presso il Santuario dell’Amore Misericordioso, mons. Mario Ceccobelli e Mons. Domenico Cancian. Ai partecipanti “italiani” si sono uniti altri: P. Miguel Ternero con il fratello Fr. Luis Alberto, P. Miguel Riesco e D. Edison, venuti dalla Spagna, e i religiosi indiani e peruviani che da pochi giorni hanno iniziato l’anno didattico-formativo-congregazionale al Santuario di Collevalenza. Nel corso dell’assemblea si sono succeduti momenti di incontro, di preghiera liturgica, di fraternità, di convivialità anche con le nostre sorelle EAM, nella cena festosa a conclusione di un’interessante visita guidata a Perugia.
La comunione con Gesù e tra di noi ci ha riempito di gioia e di rinnovato fervore, dando visibilità di “quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme“ (Sal 133,1), per raccontarsi al mondo ed essere “una misma familia”. Questa identità peculiare ci è stata trasmessa dalla nostra Madre Speranza come una preziosa eredità. È una realtà fondazionale che nel pellegrinaggio terreno, in comunione con la Chiesa e per rinnovare il mondo, deve permanere nel tempo e nello spazio e accompagnare la nostra crescita, rafforzando e accrescendo il senso di appartenenza. Una sola famiglia, una stessa Madre, uno stesso carisma, una stessa spiritualità, una stessa missione di fondo, che poi si differenzia nelle missioni specifiche, un vero amore fraterno coltivato con il rispetto reciproco. Secondo papa Francesco, infatti, “l’unità si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo insieme, cioè ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme nell’annuncio del vangelo e nel servizio agli ultimi, siamo già uniti”.
Se tutti insieme, ciascuno per la sua originale e preziosa parte, saremo uniti come una forte pigna, tenderemo alla misura alta della vita cristiana che è la santità, non solo daremo gloria al Signore, ma anche faremo il bene alle persone che entrano in contatto con noi.
Oggi, noi “Famiglia dell’Amore Misericordioso” abbiamo la responsabilità di mantenere vivo e in crescita questo “albero”, come la Madre amava chiamare la nostra Famiglia, perché produca frutti e non solo foglie. Certamente siamo un segno profetico per la Chiesa e per il mondo d’oggi… una profezia scomoda… come si è detto nell’assemblea. È una grande sfida a cui tutti FAM, SDFAM, EAM, LAM siamo chiamati a rispondere con la propria vita concreta.
In che consiste la profezia della vita interiore? S. Gregorio Magno, biografo di s. Benedetto, ha scritto due parole per definirlo: “Secum vivebat” (viveva con sé). Cioè era un uomo raccolto nella vita interiore. Tutto si gioca qui: nel rimanere o no legati a Gesù, nel dimorare o no in Lui. Rimanere in Lui, come il tralcio alla vite, significa accogliere la sua vita, il suo pensiero, il suo amore. Non è facile essere uomini e donne raccolti, consistenti, però quando si incontra una persona radicata, spirituale, quella persona diventa una promessa, una profezia. I nostri legami devono essere quelli dei tralci nella vite. Dobbiamo essere persone radicate in Cristo, persone spirituali che entrano nel mondo come una promessa, una profezia della vita interiore. Soltanto gli assidui frequentatori del mistero di Dio sono raffinati interpreti del mistero dell’uomo. E’ indispensabile essere degli oranti per poter ascoltare il dramma dell’umanità, come ci ha insegnato la Madre Speranza, e l’umanità cerca questo tipo di ascoltatori, che annunciano e vivono una fraternità nello spirito e nello stile del vangelo.
Oggi la parola fraternità rischia di essere ricondotta sempre più ad una evanescenza sentimentale. Dobbiamo ricollocarci dentro spazi riconoscibili di famiglia, di fraternità vissuta, perché “da questo vi riconosceranno” (Gv 13,35); una fraternità vissuta in cui ci si prende cura l’uno dell’altro. Lo Spirito dice di non ghettizzare le nostre vocazioni all’Amore Misericordioso, come suore, religiosi, preti, laici, ma di creare veri percorsi di umanizzazione, di reciprocità, di cura dell’altro. Da ciò deriva “l’importanza di offrire questo segno della nostra identità carismatica, a una società caratterizzata da relazioni frammentate e occasionali, dove l’istituzione familiare, struttura portante della stessa società, sta attraversando una crisi profonda” (cfr Doc. XI Capitolo Generale FAM 2022, cap. IV)
In un tempo nel quale l’uomo è solo, “senza Dio”, “senza se stesso” e “senza l’altro”, la fraternità è delegittimata, quasi un gioco a perdere. Una forma debole di legame, che serve solo a tenere buoni gli oppressi e i diseredati.
Contro la fraternità, come ha ricordato papa Francesco, in vari discorsi e catechesi, remano tre forme di vita che condizionano anche i presbiteri: il narcisismo (tutto il mondo gira intorno al mio io, sia esso psicologico o spirituale), il consumismo (tutto è mercificato e scambiabile anche a livello religioso), il cinismo (mancanza di empatia e insensibilità al dolore altrui). Tre stili di vita che generano un clima di indifferenza e spesso anche competizione in una logica di sopraffazione. In questo contesto viene da chiedersi in che senso la fraternità costituisca una sorta di “profezia” per il nostro tempo. In un quadro culturale caratterizzato dai legami liquidi, è chiaro che la fraternità si presenta come una proposta oscena, scomoda, ardua. Una mera utopia, uno scandalo, una proposta debole che, nonostante tutto, in mezzo a tante peripezie, rafforza la convinzione di chi la pratica.
Un’altra sfida viene, e ci sollecita nell’attuale contesto culturale, a proposito della pastorale giovanile e vocazionale: l’emergenza educativa nel cambiamento d’epoca. I giovani di oggi devono affrontare sfide enormi: l’incertezza delle relazioni nell’era digitale, la diminuzione delle opportunità di lavoro, la crescita della violenza politica, la discriminazione, il degrado dell’ambiente. Tutto questo rende difficile per loro trovare una strada per costruire relazioni personali e familiari di sostegno, basate su solide basi spirituali ed economiche. Incontrando Gesù, i giovani possono trovare la via della realizzazione più profonda. Il Sinodo del 2018 sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale ha riconosciuto per loro e ha stimolato il mondo degli adulti a considerare l’importanza di assumere la prospettiva dei giovani. Siamo al loro fianco. Con loro intravediamo il futuro. Camminiamo con loro per percepire e discernere dove lo Spirito guida il nostro mondo e la nostra Chiesa. L’accompagnamento dei giovani ci mette sulla via della conversione; richiede un nuovo modo di vivere nella famiglia carismatica, un modo più coerente, più personale, più aperto, più evangelico.
Pertanto, anche nell’ambito di questa XXI Assemblea, è stata ribadita la convinzione che il futuro e il rinnovamento della Congregazione dipendono dalla qualità della formazione dei suoi membri. (Cfr. Cost. art. 77). Tale formazione è da intendere come conversione permanente alla Parola di Dio, riferimento di ogni nostro pensiero e di ogni nostra azione; agli scritti della Madre Speranza, alle Costituzioni, alle decisioni capitolari, regola del nostro camminare insieme, uniti come una pigna al servizio del clero diocesano e dei poveri; all’ascolto del popolo di Dio, le cui gioie e speranze, tristezze e angosce devono trovare eco nel nostro cuore di discepoli per far sentire ad ogni fratello e sorella la tenera carezza dell’Amore Misericordioso.
Don Beniamino Nuzzo, SDFAM
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