SCOPRIRE DI ESSERE AMATI PER AMARE A NOSTRA VOLTA – Attività estive della Pastorale giovanile-vocazionale dell’AM
Con il back to school si può definire conclusa la lunga pausa estiva per molti ragazzi e giovani, tornati sì tra i banchi ma riempiti da varie esperienze vissute con altri coetanei alla scoperta e ricerca del volto di Cristo. Nonostante la difficile situazione di emergenza sanitaria che impera ancora nella nostra quotidianità, nel rispetto di tutte le normative vigenti, la Pastorale Giovanile e Vocazionale dell’Amore Misericordioso ha dato appuntamento ai ragazzi sparsi nei vari gruppi d’Italia in due occasioni: a Roma (quartiere Casilino) dal 7 al 14 agosto per il Campo Carità e a Collevalenza dal 18 al 22 agosto per un’esperienza di Esercizi spirituali sul tema “Ripartiamo dall’Amore Misericordioso”. Abbiamo chiesto a loro stessi di raccontarci qualcosa su quei giorni.
La prima è Sofia Frati:
Quest’estate ho partecipato al Campo Carità dal 7 al 14 Agosto: è stata un’esperienza davvero particolare che nella sua semplicità mi ha insegnato e fatto riflettere tanto. La mattina, dopo la Messa e la catechesi, andavamo a visitare uno o più monumenti significativi di Roma, mentre nel tardo pomeriggio e durante la sera di ogni giorno ci recavamo alla Mensa Caritas di Roma per prestare servizio durante la cena degli ospiti: il ruolo che ciascuno di noi ricopriva variava di giorno in giorno e poteva andare dallo stare in linea a servire i pasti allo stare in sala a pulire i tavoli, portare l’acqua e soprattutto a parlare con gli ospiti; inizialmente quest’ultimo era il compito che più mi metteva ansia probabilmente perché era l’unico per cui non ti venivano date istruzioni precise, non c’era un metodo infallibile per capire chi esattamente avesse avuto voglia di una chiacchierata e chi invece no, ma alla fine della mia esperienza posso dire che è stata una delle serate più belle proprio quella che ho passato in sala: mi sono resa conto che bastava anche solo essere gentile nel chiedere se avessero voluto più acqua per far si che la persona di fronte, nel caso in cui avesse voluto, iniziasse a raccontare di tutto, dai nipoti che aveva visto la settimana scorsa al cane che aveva avuto quando era bambino. A quel punto era facile in quanto potevi ascoltare (cosa che ti sentivi spinto a fare) o, raccontare anche te qualcosa della tua vita con la stessa sincerità e naturalezza con cui ti era stata raccontata poco prima, e forse la parte più bella del Campo è proprio ripensare ora a quelle storie che ancora porto con me.
Ora è la volta di Vittorio Scanu:
Spesso consultiamo i lucidi schermi neri dei nostri dispositivi come fossero lo specchio delle nostre brame più profonde, costantemente in cerca di posti, situazioni, occasioni, persone (o meglio personaggi) che ci parlino della verità di noi stessi. Per quattro giorni alcuni di noi hanno lasciato da parte questa consultazione che a volte puzza di ossessione e hanno creduto a una voce misteriosa, a una presenza che percepivamo nelle nostre vite ma che molto spesso non sapevamo associare a un volto e a un nome, a un invito gentile ad alzare i nostri occhi piantati incessantemente su canoni solipsitici menzogneri e irraggiungibili per puntarli verso altri due occhi, occhi sofferenti e crocifissi ma splendidi perché amanti. Ci siamo sentiti chiamati da parte di qualcuno che conosce la nostra fame di confusione perché abbiamo paura di ciò che potrebbe rivelarci il nostro silenzio; abbiamo corrisposto all’invito di ritirarci in alto per acquisire una prospettiva nuova sulla nostra vita, una prospettiva divina; ci siamo lasciati illuminare da un viso trasfigurato che parla della nostra vera bellezza, quella legata alla riscoperta del sentirci amati e di conseguenza dell’amare a nostra volta; abbiamo accolto la preziosità seminata abbondantemente in queste giornate nei nostri cuori e abbiamo promesso al Seminatore di custodirla e di sfamare con i frutti prodotti le nostre famiglie, le nostre parrocchie, le nostre comunità sparse in tutt’Italia. Abbiamo gustato forse anche solo per un istante quanto sia bello per noi stare lì, tra le braccia di un Padre che ci ricorda che siamo figli Suoi: anche se quanto fosse dolce probabilmente non lo sapevamo, la certezza è che non lo dimenticheremo mai.
Lasciamo l’ultima parola a sr. Lidia, membro dell’equipe di Pastorale Giovanile-Vocazionale dell’Amore Misercordioso:
Andavamo a piedi verso la mensa Caritas sotto il cocente sole romano delle 16 e sopra il rovente asfalto. Circa a metà strada c’era una fontanella con l’acqua fresca dell’acquedotto. Non era un miraggio. Fermarsi lì e riempire le borracce era diventata tappa fissa. Acqua fresca, abbondante, gratuita. Acqua donata, rinfrescante, vitale. Desideravo che l’incontro con gli ospiti della mensa fosse come la sosta a quella fontanella, io e loro al contempo acqua ristoratrice e assetati di umanità… Umanità, appunto, la mia e la loro, non favola…umanità nell’unica versione disponibile: povera, sporca, anelante, bloccata, generosa, vergognosa, con occhi spenti e con sprazzi di luce… Una sosta umanizzante per scoprire le cose che veramente contano, cose semplici e vitali come quell’acqua… Ci ha scosso a tutti i passi saltellanti di una bimba (ospite della mensa insieme ai suoi genitori) che si stava gustando un gelato ricevuto in dono. Sorprendente come quell’acqua fresca. Anche in mezzo all’arsura si può gioire. E’ l’arsura che ti fa gioire di quel zampillo scrosciante. Chi avrà la meglio? L’arsura o l’acqua? La miseria o la misericordia? Hanno bisogno l’una dell’altra…