SULLA STRADA DELLA MISERICORDIA: giovani desiderosi, come Zaccheo, di incontrare lo sguardo di Gesù
Sono Sara e dal 22 al 25 agosto ho partecipato, per la seconda volta, al ritiro a Collevalenza organizzato dalla Pastorale giovanile-vocazionale della Famiglia Religiosa dell’Amore Misericordioso. Ho deciso di tornarci perché, proprio lì nel ritiro precedente, ho fatto esperienza dell’Amore Misericordioso di Gesù… l’ho percepito intorno a me, come se mi avvolgesse e mi sono sentita a casa. Oltre ad essere rimasta profondamente ammaliata dall’ambiente in sé, dalla sua sacralità e spiritualità in cui si respira in ogni luogo anche la presenza di Madre Speranza, ciò che mi ha colpito è stata la grande cordialità dei sacerdoti e delle suore che ci hanno accolto. Ognuno di loro, con la propria personalità e peculiarità, ha lasciato in me un pezzetto di sé, arricchendomi. Per non parlare delle catechesi di Padre Sante! Da subito, attraverso quelle catechesi che ti rapiscono l’anima fino a scordarti di respirare e quelle domande profonde e taglienti, ha colpito e ha fatto vibrare le corde più profonde del mio essere, risvegliando sentimenti e pensieri che non avevo mai vissuto così intensamente. Tuttavia, essendo stata quella la prima volta, ho dovuto ambientarmi in un contesto totalmente nuovo per me e per questo, forse, alcuni momenti li ho vissuti più con lo stupore di una bambina che scopre un mondo nuovo, facendomi perdere un po’ il focus sul motivo per il quale ero venuta lì.
Questa volta invece ero più preparata su quello che avrei trovato… sono partita con Filippo (il diacono della mia parrocchia), il quale ovviamente – nonostante cercassi di carpirgli qualche informazione – non mi ha voluto rivelare nulla riguardo il programma del ritiro e a posteriori lo ringrazio, perché quello che ho vissuto ha superato ogni mia aspettativa ed è stato il centuplo più intenso dell’esperienza precedente.
Innanzitutto eravamo molti di più, circa una sessantina di persone, molti ragazzi della Sicilia alcuni anche minorenni. Questo all’inizio mi ha fatto un po’ dubitare sulla “riuscita” del ritiro perché essendo tanti, pensavo si potesse perdere quello che è lo scopo di questi eventi, ovvero la possibilità di riflettere, scoprire se stessi e la propria relazione con Gesù. Questo può avvenire solo in un contesto che favorisce la concentrazione e il silenzio. Invece l’organizzazione è stata impeccabile e osservando gli animatori, le suore ed i sacerdoti mi sono accorta del grande impegno, della dedizione ma anche dell’amore che ci hanno messo e di questo li ringrazio tutti. Ci hanno diviso in gruppi e questo sicuramente ha facilitato lo svolgimento delle attività.
La particolarità di questo ritiro è stata principalmente, come si intuisce dal nome, che le catechesi si sono svolte in luoghi diversi e questo ci ha permesso di entrare meglio nei passi del Vangelo che sono stati scelti. Inoltre, concentrandosi tutte sull’episodio in cui Gesù passa a Gerico ed incontra Zaccheo, il tema che ha fatto da sfondo a questo incontro e che ha voluto essere il messaggio da trasmettere, è stato questo: renditi conto che sei cieco, apri gli occhi! Perché il Signore, OGGI, sta passando nella tua vita, ti sta guardando e ti chiama PER NOME perché chiede tutto te stesso, coinvolge tutta la tua vita e ti invita a scendere dal piedistallo, dalle tue presunzioni e dalla tua superficialità per incontrare lo sguardo della sua misericordia e ti invita a scavare nel tuo cuore per trovare la tua vocazione. Ti chiede di non accontentarti, ma di essere curioso; di investire in quella curiosità, proprio come Zaccheo, andando contro corrente, contro quella “folla” che sarà sempre presente nella tua vita, sapendo però che hai anche un “sicomoro” su cui puoi aggrapparti e attraverso il quale hai la possibilità di poter fare di tutto pur di incontrarLo.
Già dalla prima sera Padre Sante ci ha proposto una catechesi sul cieco di Gerico (già si può notare
l’analogia tra la cecità e il momento della catechesi ovvero la sera), facendoci riflettere su quanto siamo ciechi e non ce ne accorgiamo, su quanto siamo superficiali – chi più, chi meno – e di quanto abbiamo invece bisogno di rinascere, di venire alla luce e vedere ciò che conta davvero… come il cieco di Gerico mendichiamo ed elemosiniamo affetto dagli altri eppure non ci soddisfa… e quando ci rendiamo conto che solo Lui può darci quello che cerchiamo davvero e Lo incontriamo, non possiamo fare altro che gridargli le nostre miserie, il nostro dolore e i nostri bisogni… come ha fatto il cieco. Eppure il Signore prima di esaudirci ci chiede “Che vuoi che io faccia per te?”; ce lo chiede perché vuole sentirlo da noi, vuole sentire quanto siamo sicuri di Lui e di quello che chiediamo perché poi non abbiamo più scuse e dobbiamo cominciare a vivere. La catechesi si è conclusa con delle domande di riflessione tra cui una nella quale ci veniva chiesto di scrivere cosa avremmo voluto gridare al Signore in questo incontro.
Dal giorno seguente sono cominciate le sorprese. Le catechesi si sono concentrate tutte sull’episodio
dell’incontro di Zaccheo con Gesù. “Entrato in Gerico, attraversava la città” (Luca 19,1) pertanto la
catechesi del mattino si è svolta nel paesino di Collevalenza proprio intorno a delle mura antiche. Qui, padre Sante, facendo riferimento a Giosuè 6, 1-27, ci ha spiegato l’origine della città di Gerico, come è stata conquistata ed il suo significato simbolico. Gerico siamo noi. Le mura di Gerico sono state abbattute ed è stata conquistata solo grazie a Dio. Noi dobbiamo avere il coraggio di abbattere le nostre mura e per farlo dobbiamo lasciar entrare Dio perché solo Lui può abbatterle. Con Lui possiamo entrare nelle profondità della nostra vita e quando Lo lasciamo entrare, noi diveniamo Figli di Dio e facciamo parte della sua genealogia come Racab e cominciamo ad amare come ama Lui, anche le nostre parti peggiori.
Nel pomeriggio ci siamo spostati sul percorso della Via Crucis e abbiamo celebrato la messa all’aperto e poi abbiamo fatto un’altra catechesi sulla figura di Zaccheo (che significa puro ed è diminutivo di Zaccaria cioè non dimenticato, perché Dio si ricorda di tutti noi e ci chiama per incontrarci); è un uomo ricco e piccolo (non solo di statura) che nonostante tutto, spinto dalla sua curiosità va contro la folla e decide di salire su un albero per vedere Gesù (non a caso è stato scelto un giardino con tanti alberi per spiegare questo episodio). Inoltre l’altro albero che era presente era quello della Croce, l’albero della vita..e come dice padre Sante “è a quell’albero che ti devi aggrappare per poter incontrare Gesù che passa nella tua vita”. Abbiamo tutti bisogno di un albero per superare la folla e incontrare Gesù. Ma quello che ha spinto Zaccheo a conoscere il Signore è stata la sua curiosità, lui ha investito su di essa perché aveva il desiderio di vivere una vita autentica tanto che dopo questo incontro la cambia radicalmente. In questo caso, quello su cui siamo stati invitati a riflettere è stato su quanto desideriamo incontrare il Signore, cosa siamo disposti a
fare pur di incontrarLo, qual è la nostra “folla” che ci va contro e quale invece il nostro albero su cui aggrapparci.
La catechesi successiva si è invece concentrata su alcuni termini: lo SGUARDO che CHIAMA OGGI a SCENDERE. Perché come dicevo prima, il Signore – come il padre del figlio prodigo – ti vede da lontano, e ti chiama a scendere dal piedistallo su cui ti sei posto, dalla tua arroganza e dalla tua superficialità perché LA MISERICORDIA DI DIO LA PUOI INCONTRARE SOLO SE INTRAPRENDI UN CAMMINO IN DISCESA: Zaccheo infatti è sceso. Bisogna smettere di essere orgogliosi ed imparare a chiedere perdono. Gesù, chiamandoci ci invita a non perdere tempo, perché è in questo momento, OGGI, nella tua vita che sta passando e ti cambia la vita perché ti fa sentire amato con quello SGUARDO. Oggi il Signore è venuto per te. E Gesù DEVE fare questo, non può fare a meno di chiamarci e di venire a casa nostra, nella nostra vita perché sa che ne abbiamo bisogno, ma non può farlo se noi non scendiamo. Noi ci vediamo solo sbagliati, Lui invece ci guarda con gli occhi di Dio perché vede la parte migliore di noi ed il bene che possiamo fare. E’ SOLO IL SUO SGUARDO CHE CONTA, e noi dobbiamo IMPARARE A PREOCCUPARCI SOLO DI QUESTO.
Tutto ciò, è quello che personalmente ho cercato nel Signore in questa esperienza e ne ho trovato anche conferma in una bellissima adorazione che abbiamo fatto alla cappella del Roccolo. Lì in quella stanza buia con solo il crocifisso illuminato, mentre urlavo con la voce rotta dal pianto e dall’emozione la canzone “Yeshua”, prostrata a terra (da seduta che ero, schiacciata al muro, SONO SCESA), mentre il Signore passava tra noi; avrei voluto scavalcare gli altri e come la donna che tenta di toccare il vestito di Gesù, o come quella che lo insegue pregandolo che guarisse la figlia, avrei voluto prendere il camice del sacerdote, fermarlo e gridare “Gesù aspetta! Fermati ancora un po’ davanti a me! GUARDAMI, CHIAMAMI E GUARISCIMI!”
Un altro messaggio che mi è stato ripetuto più volte e che ha risposto ad una delle mie più grandi paure è questo: IL SIGNORE QUANDO VUOLE FARTI CAPIRE QUALCOSA, RITORNA A BATTERE TANTE VOLTE FINO A QUANDO NON TI DIVENTA LAMPANTE, come ha fatto con Samuele. Lui troverà sempre il modo di farsi sentire perciò ti invita anche a non vivere nell’ansia di perdere una “coincidenza” perché Lui ritorna.
Un’altra esperienza bellissima è stata la camminata che abbiamo fatto da Collevalenza a Villa San Faustino. È stata una camminata impegnativa e per affrontarla padre Sante ci ha chiesto di non usare i cellulari e di rimanere in silenzio nella prima parte del cammino per fare una riflessione e prepararci alle confessioni che abbiamo fatto durante il percorso. È stato molto bello perché in quel momento, osservando la natura, mi sono staccata dal gruppo e mi sono immaginata di camminare con il Signore accanto e cercavo di riordinare le idee per prepararmi alla confessione. Poi quando siamo arrivati alla chiesa di questo posto, prima della messa abbiamo ascoltato la testimonianza di una coppia di sposi; loro hanno deciso di dedicare la loro vita ad accogliere nella loro famiglia persone grandi e piccole con differenti disabilità. Quello che mi ha impressionato non è stato solo l’amore che legava la coppia, quanto il fatto che ho visto in loro tanto Gesù e tanto affidamento alla Provvidenza; il coraggio e l’amore che hanno gli permette di farsi carico di persone con disabilità gravi, eppure invece di essere esauriti come ci si aspetterebbe, ho visto tanta pace e tanta serenità.
Questo è quello a cui aspiro e quello che chiedo al Signore: che mi indichi la strada, che mi faccia capire quale sia la mia vocazione, che mi faccia innamorare di Lui giorno per giorno, portandomi con
pazienza come si fa con i bambini adattandosi al mio passo limitato, ad una sempre più profonda conoscenza di Lui – e di me stessa – e che questo possa generare in me quella fede salda ed irremovibile che mi accompagna in tutto quello che faccio; desidero diventare un riflesso della sua luce per poterla donare agli altri, specialmente coloro che sono nel bisogno e incontrare il Signore anche lì.
Infine nell’ultima catechesi il messaggio era quello dell’INVIO. Zaccheo decide di fare qualcosa, di donare i suoi beni e restituire quello che ha rubato, quattro volte tanto. La domanda che ci è stata posta era: E tu, che cosa decidi di fare? Tornerai a casa e la tua vita sarà come quella di prima o ci sarà qualcosa di nuovo? Tutto quello che succederà è conseguenza dello sguardo che abbiamo avuto con il Signore; se ti lasci guardare dal Signore, la misericordia entra e qualcosa dentro di te scatta; anche se sei tu che cerchi di vederlo come Zaccheo, è lui che ti guarda fino in profondità e ti apre a NUOVI ORIZZONTI CHE NEMMENO IMMAGINAVI. Questo ti permette di riconciliarti con te stesso e con tutta la tua vita e ti porta a voler donare, a voler restituire con generosità.
Però c’è sempre la mormorazione che ti segue; la mormorazione è l’immondizia che si accumula, sono le lamentele, non vedere l’opera che Dio compie; il non fidarsi fino in fondo del Signore, il volergli sempre chiedere di dimostrarci che ci vuole bene. Quindi ci sono due opzioni: o torni a casa con questo atteggiamento di lamentela e di mormorazione continua per tutta la vita oppure una volta incontrato il Signore ti metti in piedi come Zaccheo in mezzo alla folla che ti critica, e gridi che hai trovato l’amore, quello vero, perché ti ha guardato in profondità e decidi di amare gli altri e vuoi GUARDARE IL MONDO CON OCCHI DIVERSI. Questo ti permette di ALLARGARE I TUOI ORIZZONTI e di intraprendere nuovi percorsi di vita. ACCOGLIERE E PERDONARE sono stati due verbi fondamentali di questa catechesi. Accogli il Signore nella tua vita, mettilo al primo posto, prolungando il cammino di preghiera; accogli smettendo di mormorare e cominciando a chiederti invece cosa vuole da te il Signore nella situazione che stai vivendo e lasciati amare; in questo modo potrai riconciliarti con te stesso e con la tua vita; per me questa ultima parte è molto difficile, ma ci sto provando e continuerò a farlo fino a quando il Signore farà scattare un altro “clic” dentro di me. Allora capirò che avrò fatto un altro passo avanti nella fede, sempre grazie a Lui.
E per concludere, come ha detto padre Sante, l’accoglienza è anche fare memoria: sicuramente io farò memoria di questa esperienza anche e soprattutto nei momenti più difficili, quando mi viene da pensare che Lui non ci sia… lì, ricorderò a me stessa che in questa situazione io l’ho incontrato in tanti momenti e nelle persone con cui ho parlato e con cui mi sono confrontata, religiosi e non. Questa esperienza ha lasciato dentro di me un segno importante e mi ha permesso di riflettere su tante cose, perciò tutte le sensazioni e le emozioni che ho provato le custodirò nel mio cuore in attesa di arricchirle con i prossimi incontri.
Sara Manfra