“Non è qui! È RISORTO!” (Mt 28,6)

Ed eccoci qua, dopo un lungo cammino di quaranta giorni, dove abbiamo vissuto questo tempo, come un tempo favorevole per incontrare Dio, siamo ormai giunti alla Pasqua 2023. Ho voluto sottolineare la data, perché dopo tre anni – tra covid e restrizioni -, finalmente siamo tornati ad una “routine” che sembrava ormai perduta, con la possibilità di poter svolgere le varie processioni, liturgie e rappresentazioni sacre, con la presenza e la partecipazione dei fedeli.

Precisamente cos’è la Pasqua? O meglio cosa dovrebbe rappresentare per ciascuno di noi? Le risposte potrebbero essere svariate in quanto è la festa, la gioia e la speranza che ciascuno vive nel suo intimo. Non darò risposte ma cercherò di raccontare la mia esperienza, la mia Pasqua. Ho iniziato a relazionarmi con la Pasqua quando arrivai al Santuario dell’Amore Misericordioso e lì, in quel luogo, ho conosciuto il vero volto di Dio o, meglio, la follia di Dio capace di donare il proprio Figlio per amore degli uomini, compreso il sottoscritto, con una morte da “maledetto” riservata generalmente alle persone più lontane da Dio: la morte in croce. Questo evento lo abbiamo ricordato nel Venerdì Santo, arrivando addirittura a prostrarci e a baciare quella croce, in segno di adorazione.

Perché Dio è arrivato a questo gesto così estremo? È questa la seconda cosa che ho scoperto a Collevalenza: Lui desidera che l’uomo sia salvato, sia felice, infatti “è un Padre che cerca con un amore instancabile le sue creature”.  E qui si innesta la vera rivoluzione: “[Egli] raddoppia il suo amore per chi più ne ha di bisogno”. Questo annuncio rappresenta il mio Giovedì Santo, un Dio che in Gesù, si spoglia delle sue vesti, letteralmente del suo mantello segno della dignità e della vita di una persona, per lavare la parte più sporca che c’è in ciascuno di noi, che c’è in me, per renderci puri, ovvero capaci di poterLo accogliere. Dio non desidera altro che comunicarmi il suo amore per rendermi capace di amare come Lui ci ha amato, e vivere così la mia vocazione, la vocazione di ogni uomo, di amare e vivere nell’amore.

Ho scoperto in questi anni che la Liturgia ci offre ogni anno un aiuto per scoprire questa chiamata all’amore attraverso il Triduo Pasquale, la Liturgia ci svela i grandi misteri di questa storia di salvezza: il Giovedì Santo ci ricorda, nella Messa del Crisma, l’istituzione del sacerdozio, ministeriale e battesimale, col quale poter offrire la nostra vita in un atto di amore del prossimo che prende il nome di servizio;  nella Messa in Coena Domini abbiamo fatto memoriale dell’istituzione eucaristica, in quelle specie nelle quali Cristo si è fatto e si fa continuamente pane per nutrirci, sostenerci e darci la forza in questa missione per poterla svolgere e vivere in pienezza. Il punto più alto del Triduo è certamente la Veglia Pasquale, al termine del Sabato Santo quale giorno dopo nella quale la Croce e la morte interpellano l’uomo. Tutto ricomincia, Gesù risorge per sempre e l’uomo può così partecipare alla sua stessa vita divina. Questa è per me la Pasqua, il passaggio da una vita mediocre, dove la felicità non può mai essere raggiunta poiché la morte sembra il punto di arrivo, ad una vita dove la stessa ne diventa il compimento, raggiungendo così il senso pieno della felicità, dell’Amore e della Misericordia di Dio.

Se volessi riassumere in una immagine tutto questo, utilizzerei il Crocifisso dell’Amore Misericordioso. Lì ho trovato e ritrovo la mia Pasqua.

P. Rosario Marino FAM