Mons. Fabio Fabene: “IL SACRIFICIO DELL’ALTARE CI RIVELA L’AMORE MISERICORDIOSO”

Omelia di S. Ecc.za Mons. Fabio Fabene, Segretario del Dicastero delle Cause dei Santi in occasione della Celebrazione Eucaristica nella Solennità del Corpus Domini (02.06.2024) presso il Santuario dell’Amore Misericordioso.

Cari fratelli e sorelle, carissime autorità qui presenti, in questa Solennità del Corpus Domini, il Vangelo (Mc 14,12-16.22-26) che è stato proclamato ci conduce nel Cenacolo di Gerusalemme, nella grande sala al piano superiore – come abbiamo ascoltato – arredata e già pronta, dove Gesù ha celebrato l’ultima Cena con gli apostoli. In quella specialissima Cena pasquale, Gesù con intensità e commozione, prese il pane nelle sue mani sante e venerabili – come recita il Canone Romano -: un gesto comune e immediato, che anche noi comprendiamo quasi istintivamente nella nostra esistenza quotidiana. Il pane, infatti, è l’elemento essenziale del nostro nutrimento, è il frutto della fatica dell’uomo e della donna che si guadagnano il pane ogni giorno per la propria famiglia; il sedersi a tavola è certamente una delle esperienze umane più profonde: è proprio intorno alla mensa che ogni famiglia fa esperienza quotidiana della sua unità. Intorno allo stesso tavolo avvertiamo la gioia di essere famiglia, una gioia intima che pervade ed educa il nostro essere uomini. Ma anche quanta sofferenza quando il pane non basta perché non c’è lavoro, quando vi sono crepe nei rapporti familiari, quando è difficile dialogare. Così, la mancanza del pane è anche segno della povertà, della lotta per la sopravvivenza e dell’impegno per portare a casa, appunto, un pezzo di pane. È per la stessa dignità del lavoratore, come anche della famiglia, nella fatica di mantenersi unita. Gesù ci ha insegnato a chiedere nella preghiera del Padre Nostro (Mt 6,9-15): “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, una preghiera che ci responsabilizza verso questo bene prezioso e ci ricorda che nel mondo di oggi ci sono milioni e milioni di persone povere che non hanno il pane. Così, di fronte a Gesù che prende tra le sue mani il pane, dobbiamo riscoprire la solidarietà, sostenendo coloro che hanno di meno e faticano per portare a casa il pane. Questa solidarietà, cari fratelli e sorelle, richiede anche che il pane sia guadagnato con onestà e con un lavoro degno dell’uomo, e di preservare anche la terra perché produca secondo i suoi tempi e i suoi ritmi, senza abusare di essa, e salvaguardare il suo carattere naturale. È la sfida dell’ecologia che riguarda noi e le successive generazioni che abiteranno sul nostro pianeta. Il sostegno all’uomo e la salvaguardia del creato sono contenuti in quell’invito di Gesù agli apostoli quando disse: “Date voi stessi da mangiare” (Mc 14,16), e lo disse di fronte alla folla che lo seguiva e gli chiedeva il pane.

Prendendo il pane nelle sue mani, Gesù – ci dice l’evangelista – recitò la benedizione: in ogni messa l’assemblea riunita attorno all’altare come in questa celebrazione, prolunga il rendimento di grazie di Gesù, riconoscendo che il pane e il vino sono doni della bontà di Dio, che col pane e col vino rendiamo grazie per il dono della nostra vita, per la bellezza e fecondità della natura, della provvidenza divina. Questa benedizione è un canto di lode, una confessione di gratitudine per tutto quello che Dio Padre fa per noi. Tutto offriamo a Dio insieme alla nostra esistenza che diventa sacrificio spirituale unito a quello di Cristo (rif. Rm 12,1): ogni giorno, cari fratelli e sorelle, dobbiamo sempre imparare a dire “grazie” a Dio. Questo “grazie” filiale è certamente la preghiera più bella che nasce dal nostro cuore. Il pane e il vino che noi offriamo ci vengono restituiti da Dio donandoci Gesù il quale, nell’ultima Cena, fece del pane e del vino il suo Corpo e il suo Sangue. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue; prendete e mangiare, prendete e bevete” (cfr. Mc 14,12-16.22-26): è come dire “Questo sono io”, e in tal modo concentra in un sol punto, come una lente focale, come se fossero dei raggi di luce, tutta la propria vita, le sue parole e le sue azioni. Sotto le specie del pane e del vino, infatti, Cristo è presente in modo incomparabile, in modo vero, reale e sostanziale. Tutto intero: Dio e uomo.

In questa celebrazione, oggi, rendiamo grazie a Dio per aver donato alla Chiesa Madre Speranza, beatificata 10 anni fa in questo Santuario dove riposano le sue spoglie mortali. Anzi, la sua tomba sembra essere un tutt’uno con questo Santuario dell’Amore Misericordioso. Al centro delle letture appena proclamate (Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15) c’è il tema dell’alleanza e di Gesù sommo sacerdote che una volta per sempre ci ha riconciliato col Padre. È il mediatore di quella nuova alleanza che viene quotidianamente rinnovata nella Chiesa con la celebrazione della Messa, simbolicamente rappresentata anche dietro il Crocefisso che si trova in questo Santuario.

Il sacrificio di Cristo sull’altare ci salva, ci guarisce, ci risana, ci dona pace e gioia, rivelandoci l’amore misericordioso di Dio Padre. Il Crocefisso voluto da Madre Speranza, e qui custodito, ci parla proprio di Gesù Amore Misericordioso, che vuole portare il fuoco dell’amore divino nell’umanità. Il volto sereno del Salvatore crocifisso, ancora vivente, con gli occhi rivolti verso il Padre, ci ricorda che Egli, quotidianamente nella Messa, intercede per noi invocando il perdono dei nostri peccati ed offrendo, in se stesso, l’amicizia di Dio con ciascuno di noi. Veramente, cari fratelli e sorelle, in questo Crocefisso di Collevalenza, scopriamo Gesù volto della misericordia del Padre, e misericordia offerta a tutti gli uomini. Con lo sguardo misericordioso di Gesù, Madre Speranza ci ha insegnato a guardare le miserie e le povertà di ognuno, donando all’uomo peccatore, all’uomo perduto e senza coraggio, la speranza di riprendere il cammino, come fece il figlio minore nella parabola del Padre misericordioso, per ritrovare la pienezza dell’amore e la pienezza della vita. È l’esperienza che fanno qui, in questo Santuario, tanti pellegrini che vi ritrovano l’abbraccio misericordioso di Dio. La Beata Madre Speranza col suo messaggio e la ricchezza dei suoi carismi, donategli dallo Spirito, ha percorso l’insegnamento fondamentale del Concilio Vaticano II, il quale, come disse San Paolo VI nel discorso conclusivo dei lavori conciliari: “ha avuto nella spiritualità del buon samaritano il suo paradigma di riferimento”. Questa spiritualità è stata richiamata da San Giovanni Paolo II nell’enciclica Dives in Misericordia e riproposta qui a Collevalenza nella sua visita del 1981. Papa Francesco ha fatto dell’annuncio della misericordia come, ogni giorno quasi ascoltiamo, il messaggio centrale del suo magistero, e continuamente ribadisce che la Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre, dove tutti possono incontrarsi e tutti possono far parte della comunità. Per questo, ci insegna ancora il Papa, l’eucarestia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Intorno all’altare ravviviamo la nostra vocazione umana e cristiana, quella di fare della nostra vita un dono per vivere la nostra esistenza non da soli ma con gli altri e per gli altri, perché l’altro è un fratello da accogliere e da amare. E questa riscoperta del noi è sicuramente una delle testimonianze più grandi che noi possiamo dare a questa società individualista. L’eucarestia che ci fa consaguinei di Cristo, ci fa scoprire che siamo membra gli uni degli altri (cfr. 1Cor 12,12-27): in questa espressione paolina sentiamo l’eco dell’eucarestia e risuonano le parole di un grande Padre della Chiesa, san Giovanni Crisostomo, il quale diceva: “il sacramento dell’altare deve espandersi per strada, al sacramento del fratello, ovunque esso vive e in qualunque situazione si trova abbiamo il dovere di offrire la mano della carità condividendo il pane spezzato sull’altare”. Il sangue versato da Cristo, presente nel calice, ci dà la forza per imparare a donare ogni giorno la nostra vita, e a rendere le nostre comunità, le nostre città, autentiche comunità che al di là delle diversità si ritrovano unite nella solidarietà. È l’invito a vivere il comandamento dell’amore scritto nel libro sul lato sinistro, alla base del Crocefisso che si venera in questo Santuario.

Cari fratelli e sorelle, come abbiamo pregato prima del Vangelo nella Sequenza, in questo giorno la lode sia piena, sia risonante, il giubilo della mente sia lieto e sia appropriato per esprimere la soavità di questo sacramento per mezzo del quale si fa memoria di quell’altissima carità che Cristo ha dimostrato nella sua passione. L’eucarestia è infatti il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.

Gesù stesso, mentre oggi lo onoriamo in forma particolarmente solenne, ci insegni la sua carità, ci doni la sua carità, il suo amore per gli altri che nasce dall’amore per Dio ricco di misericordia, ed essere anche noi misericordiosi come è misericordioso il nostro Padre celeste.