1965 – 31 ottobre – 2021: BASILICA DELL’AMORE MISERICORDIOSO

Dio stesso ha voluto dare al Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza una missione comunicata direttamente dal Buon Gesù e chiaramente trascritta in una pagina del Diario di Madre Speranza datata 14 maggio 1949: “Anni più tardi, tu, aiutata da me, con maggiori angustie, fatiche, sofferenze e sacrifici, organizzerai l’ultimo e magnifico laboratorio …; vicino a questo laboratorio ci sarà la più grande e magnifica organizzazione di un Santuario dedicato al mio Amore Misericordioso, Casa per ammalati e pellegrini, Casa del Clero, … Però tu devi tenere ben presente che io sempre mi sono servito delle cose più povere e inutili per fare quelle più grandi e magnifiche”.

Scrive P. Giovanni Ferrotti FAM (Madre Speranza … pane e sorriso di Dio, Edizioni Amore Misericordioso, Collevalenza 2007[4]):

Al Vescovo di Todi, quando si costruì il Santuario, parve troppo grande per un paese piccolo, come Collevalenza. Madre Speranza gli aveva risposto: “Eccellenza, vedrà che fra qualche anno esso non basterà per contenere tutti i pellegrini che verranno”. Non ne passarono molti di anni che si rese necessaria la costruzione di una nuova chiesa molto più grande.

Quando il Signore mi chiese di costruire il grande Santuario – racconta Madre Speranza – io mi spaventai; mi sembra che fu il 25 settembre dell’anno passato (1958), durante la notte. Il giorno 27 andai a Castel Gandolfo e dissi al Santo Padre: ‘Santità, adesso il Signore mi chiede un Santuario!’ Mi rispose: ‘Coraggio, figlia coraggio! Se è il Signore che te lo chiede, perchè ti preoccupi?’ Io continuai: ‘Sì, Santità, però un Santuario non si fa solo con cemento e mattoni, come si è fatto per la casa di Collevalenza; per costruire un Santuario sono necessari molti milioni’. ‘Coraggio, figlia, devi essere più coraggiosa‘. Ed io dicevo tra me: coraggiosa?! Tuttavia non mi persi d’animo”.

L’architetto Julio Lafuente, che aveva già realizzato il Santuario, presentò nel 1962 un progetto originale e moderno che piacque sia alla Madre che ai padri e alle suore. La costruzione iniziò il 6 maggio 1963. Il Vescovo di Todi, Sua Ecc.za Mons. Antonio Fustella, dopo qualche perplessità diede il suo consenso scritto “poichè la costruzione di una chiesa – diceva – è sempre un’opera buona…”. Parole che tradivano forse una certa diffidenza nella possibilità di realizzare un’opera tanto imponente. […] L’ingegner Benedetti, tenendo conto dell’interesse con cui la Madre seguiva giorno per giorno i lavori, intervenendo a volte con osservazioni anche di carattere tecnico che lasciavano tutti sorpresi, scrive: “Posso dire che la vera Architetta è stata lei, che interveniva con passione e con amore manifestando il suo desiderio che il Santuario fosse il più grande e il più bello possibile e divenisse un faro di luce per la gloria di Dio e per attirare le anime”.

L’inaugurazione della Basilica avvenne in maniera molto solenne il 31 ottobre 1965, festa di Cristo Re, Amore Misericordioso. Il Cardinale Alfredo Ottaviani, Segretario del Santo Ufficio, che tanto apprezzava la Madre, volle venire a presiedere la cerimonia. Fu lui a celebrare la prima Messa, insieme a 62 Padri Conciliari corrispondenti ai cinque continenti. Madre Speranza aveva detto: “Vedrete che quando si inaugurerà il Santuario ci sarà tanta gente da ogni parte del mondo. Il Signore me lo ha assicurato“.

Molto significativa la presenza del nuovo Vescovo di Madrid, Sua Ecc.za Mons. Casimiro Morcillo che consacrò l’altare della Cripta dedicato a Maria Mediatrice.

TESTIMONI E PROFETI: Giornata Mondiale Missionaria 2021

Si è celebrata ieri in tutto il mondo la Giornata Missionaria, nella quale si è voluto nuovamente sensibilizzare le comunità sulle missioni cristiane nel mondo. «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20): quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio – ci ricorda papa Francesco nel suo Messaggio per questa giornata -, quando riconosciamo la sua presenza di Padre nella nostra vita personale e comunitaria, non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato.

Così sr. Erika di Gesù EAM, missionaria dell’Amore Misericordioso per 5 anni nelle Filippine, provocata da questo invito, ci ha raccontato la sua esperienza.

Mandato missionario
Sei anni fa, nel 50° di matrimonio dei miei genitori, in obbedienza alla Volontà di Dio, che è misteriosa e a volte esigente, assieme a due consorelle, sono partita per le Filippine, dove abbiamo iniziato un’attività caritativa all’interno del Santuario parrocchia della Divina Misericordia.
Anche in quella realtà è stata costruita una piccola cappella dedicata a Gesù Amore Misericordioso e alla nostra Beata Madre Speranza.
In particolare questa missione è stata un dono della nostra Famiglia per ringraziare la Madre in occasione della sua beatificazione.

Abbiamo pregato nel salmo: Nell’andare se ne va piangendo… Così è stato per me, che sono figlia unica, per i miei genitori, che ancora una volta hanno rispettato la mia libertà e il disegno del Signore che mi chiedeva di attraversare “acque nuove”, di lasciare la mia terra ed annunciare il Vangelo più con l’esempio della vita che con le parole.
lingua
Eh già, le parole… una parola parlare una lingua nuova come il tagalog o intuire la portata di una cultura complessa e frammentata come quella filippina! I nostri Maestri sono stati i bambini poveri e loro famiglie che ci hanno ascoltato e insegnato con pazienza e la sapienza dei semplici…

Fede e fiducia
Ho imparato a fidarmi ancora di più della Provvidenza del Padre, che si serve del poco che hanno per far spazio a Lui, che poi lo moltiplica…  Soprattutto in qualità, in “qualità dell’amore”. Questa qualità è la Misericordia!

Ho visto e non posso tacere che le persone, pur vivendo in abitazioni fatiscenti, accolgono i più poveri di loro. Ho visto donne sole, con figli a carico, senza tetto fidarsi solo del buon Dio (amano ripetere “Bahala ang Diyos sa akin”. Il Signore si prende cura di me).

Ho ascoltato le storie di malati inoperabili, nel senso che rinunciano ad operarsi –  perché curarsi costa davvero un occhio della testa e pochissimi se lo possono permettere – capaci di confidare nell’Unico che può dare la vista, l’udito, curare la leucemia, il cancro, la tubercolosi… Perché Dio è l’Unico che può darci la vita eterna, una vita nel quale il popolo filippino, giovane nella fede – quest’anno ricorda 500 anni della sua evangelizzazione – crede più di noi!

Noi suore, insieme ai confratelli che ci hanno preceduto nel 2013 e si occupano della formazione dei giovani al sacerdozio e alla vita consacrata, abbiamo ricevuto e ridato un granello di speranza.

L’ultima speranza di Anita
In Filippine si muore ancora di tubercolosi, non solo di Covid. Quando Grace ci chiese di andare a trovare Anita, ormai alla fine, madre di tanti figli, tra i quali anche la più piccola che in quei giorni si trovava all’ospedale, accettai con paura. Insieme alle mie consorelle, mi feci coraggio e siamo entrate nella sua “casa”.  Anita era nel suo giaciglio, ormai ridotta a pelle e ossa. Gli occhi spenti. Abbiamo incontrato Anita pochi giorni prima di morire, e l’abbiamo vista iniziare a pregare con fede la Novena all’Amore Misericordioso e bere l’acqua di questo Santuario come la sua unica e ultima speranza. I suoi occhi sono tornati a splendere di una luce “altra”. La luce di Cristo.
“Oggi, – ci ricorda Papa Francesco – Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere la vocazione come una vera storia d’amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. (…)

Granello di speranza anche in famiglia

Così ho cercato di fare sei anni fa e sono tornata perché oggi i miei genitori anziani hanno bisogno del mio aiuto. Anch’essi sono fragili e bisognosi di tante attenzioni. Aggiunge il Papa: “Ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia”. Tutti siamo chiamati ad andare con fede in queste periferie!
Sono tornata, lasciando il paese di missione con altrettante lacrime, più ancora che alla partenza… per una missione diversa, ma importante, quella di ridare un granello di speranza ai miei genitori. Vi domando una preghiera perché io sia disponibile a fare qualsiasi cosa il Signore mi chiederà. Sono convinta che soltanto nel sentirci, ma soprattutto “saperci” amati e salvati, possiamo rispondere all’Amore che ci chiama e ci manda a vivere il suo Amore Misericordioso e così essere autenticamente felici!

Lo ringrazio di tutto, soprattutto per i 25 anni di consacrazione che ricorderò il prossimo 1° novembre. “Grandi cose ha fatto il Signore per me!” Mi ha costituito testimone della sua Misericordia. Mi ha donato la gioia di sapermi perdonata e amata. Sempre.
Grazie di tutto! Salute e pace! 

Per tutti coloro che desiderano materialmente sostenere le missioni della Famiglia dell’Amore Misericordioso attraverso delle offerte:

CONGREGAZIONE DELLE SUORE ANCELLE DELL’AMORE MISERICORDIOSO

C/C POSTALE N. 11819067 – IBAN: IT45 T076 0103 0000 0001 1819 067

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CeSAM. In dialogo con “Fratelli tutti”: oltre le ombre di un mondo chiuso

Il 15 e 16 ottobre, si è tenuto a Collevalenza – in modalità mista (presenziale, con il rispetto delle dovute direttive sanitarie, e online) – il XIII° seminario di studio promosso dal Centro Studi Amore Misericordioso (CeSAM), dal titolo «In dialogo con “Fratelli tutti”: oltre le ombre di un mondo chiuso». La parola d’ordine si può dire essere stata ripartenza consapevoli del compito di ripartire col piede giusto per non sprecare l’occasione dataci dalla crisi pandemica che ancora tutt’oggi stiamo vivendo, ma anche con la responsabilità di dover ulteriormente scavare l’enciclica di Papa Francesco interrogandola sul tema dell’Amore Misericordioso.

Ricchi di contenuto e di riflessione sono stati i vari interventi previsti. Ad aprire la prima sessione di studio è stato il professor Sandro Calvani, in collegamento da Bangkok, con una relazione intitolata «Prendersi cura dei miseri: un paradigma rigenerativo di sistemi sociali sostenibili». Notava il professore come l’amore misericordioso è il DNA più diffuso nel mondo in quanto strettamente legato alla felicità. La misericordia si rivela fonte di gioia e fondamento della felicità. Analizzando la Fratelli tutti, evidenziava come la misericordia è la condizione necessaria dell’essere umano; l’amore misericordioso di Dio non è disgiunto (e non può esserlo) dall’amore verso il prossimo. L’uomo, quindi, s’identifica come un “essere sociale” e pertanto non solo il cristiano ma tutta l’umanità, ha insita in sé la dinamica della fraternità. La vera misericordia è un’azione che si rivolge a tutti gli uomini, a tutto il mondo, a tutto il creato. Rinvenendo nell’amore misericordioso il vero motore del mondo secondo il quale chiunque ha il potere di essere strumento di conversione collettiva, e prendendo in considerazione alcuni suggerimenti del papa, Calvani esplica 5 direttive: divenire protagonisti di un cambiamento radicale, trasformazione della concezione in azione concreta, percepire nei fatti il cambiamento d’epoca, consenso sul fatto che la crisi richieda una cooperazione collettiva, la convinzione che c’è qualcosa da fare per ognuno.

A seguire il prof. Piergiorgio Grassi, ha esposto il tema «Fraternità e coscienza storica», quest’ultima come tema di conoscenza per esprimere la fraternità. Da Fratelli tutti nn. 101-111, ha sottolineato come la fraternità nella solidarietà indica due concetti: una prossimità della fraternità quale azione locale e la non surrogabilità della fraternità al denaro (tale per cui i ricchi possono essere solidali ma non fratelli). Solo un fratello abbraccia materialmente e misericordiosamente la povertà dell’altro. Ponendo uno sguardo critico sulla modernità, avanzata e liquida, ha constatato come il “Tu” progressivamente svanisce e Dio non costituisce più un problema: la cristianità si ritrova più fondata sulla carità che sulla trascendenza (questa non viene negata ma è sempre meno nominata). Si chiedeva Grassi riferendosi a Fratelli tutti: “Ma questo documento, può essere veramente considerato, come alcuni fanno, una secolarizzazione del cristianesimo?”. Portando la sua risposta negativa a tale domanda, ha esplicato come la fraternità è eccedente al piano antropologico. Nell’enciclica la fraternità è dichiarata “mistica”, non in senso spiritualistico ma secondo quel piano in cui profano e spirituale si innestano fino a mescolarsi. Volendo individuare il paradigma di Fratelli tutti, Grassi lo individua nell’uscire da sé per andare verso l’altro e facendo dell’altro un’unica cosa con se stessi. A livello storico è innegabile che il sogno di fraternità deve fare i conti con il paradosso della globalizzazione in cui prevale un interesse nazionale utilizzato per eventi di separazione più che di fraternità: “la cultura odierna ci rende vicini ma non fratelli”. Una coscienza storica come quella odierna, si rivela in uno stato di profonda crisi in cui prevale il “presentismo”, producendo un uomo-istante che predilige il presente a discapito del passato e del futuro. Per il cristiano però, ad esempio la tensione verso il futuro, auspica la certezza che Dio resta fedele alle sue promesse (cfr. 2Pt).

Ad aprire la seconda sessione nel giorno seguente, 16 ottobre, è stato il giornalista Marco Iasevoli, in collegamento da Roma, con una relazione intitolata «L’uomo-algoritmo e la comunicazione senza pietà: come uscirne». Ha analizzato come spesso cerchiamo di comprendere l’influenza della comunicazione sull’uomo rivelandosi, questa, una visione riduttiva che non aiuta ad affrontare il problema: l’algoritmo della comunicazione non è esterno alla persona ma è la persona stessa a scriverlo. Ha evidenziato Iasevoli come l’uomo, su determinati palcoscenici virtuali, sia arrivato a spogliarsi di ogni pietà. La persona perde il suo valore sui social non arrivando, forse, a comprendere pienamente che la vita digitale non è qualcosa di altro dal reale ma è parte integrante di quest’ultimo, non qualcosa di esterno. Certamente si necessita di un’educazione digitale imminente ma ci si rende anche conto di come non vi sia, ad oggi, un apparato legislativo capace di legiferare il mondo digitale.

A concludere la mattina, e di conseguenza il seminario, è stata la relazione «Riflessioni sulla speranza: un dialogo tra Fratelli tutti e la Sacra Scrittura» tenuta da sr. Ombretta Pettigiani. L’uomo – affermava – è capace di sperare fino alla fine in quanto la speranza è una dimensione costitutiva della vita umana. La speranza è chiamata a cambiare il nostro oggi poiché il futuro bello esiste e tocca il nostro presente. Analizzando Fratelli tutti, ha individuato un primo passo verso la fraternità che è quello del coraggio della verità: come i profeti, papa Francesco mette la verità in campo in quanto siamo prima di tutto chiamati a confrontarci con la realtà. Siamo abitati dalla speranza insegnataci da un Dio che tesse relazioni di speranza. Dio è il primo che spera (cfr. Gen 1,1-2,4a; Is 5). Innanzitutto Dio crea un progetto bello, la sua creazione, nella quale spera, e non ha paura di consegnare il suo progetto alla libertà umana capace di passi falsi: Dio non è ingenuo ma per primo ha speranza, osa! Dio spera, e questo nella Bibbia lo si nota con molta frequenza, soprattutto nei salmi. La speranza, quindi, apre percorsi di speranza, si concretizza in un cammino; i percorsi si fondano sulla certezza che Dio ama i suoi figli ed è proprio su questo fondamento che il cristiano osa vivere la sua vita. La vita felice, di conseguenza, è quella in cui vige l’amore poiché la felicità è la nostra capacità di darci, di amare: una vita spesa ad insegnare l’amore.

L’ULTIMO GIORNO DI SETTEMBRE- 128° anno dalla nascita della Beata Speranza di Gesù

Stamattina, in questo ultimo giorno di settembre, mentre aspettavo l’autobus per andare in università, non potevo fare a meno di guardare gli alberi che mi stavano di fronte. Mentre li guardavo mi sono accorto che iniziavano a perdere le foglie e si preparano ad affrontare l’inverno, entrando come in un letargo che assume più il sapore di una morte apparente che il gusto frizzante della vita. Mentre continuavo ad osservali non potevo fare a meno che pensare alla gioia che questo giorno rappresenta per noi Figli, Ancelle e Laici della Famiglia dell’Amore Misericordioso: Madre Speranza nacque proprio in questo stesso giorno (30 Settembre) del 1893, 128 anni fa. Preso dai miei pensieri, non ho potuto fare a meno di paragonare la sua vita con il mistero della natura sul quale i miei occhi e la mia mente si erano soffermati, quasi come se fossi stato ipnotizzato. Il mio pensiero correva veloce e accostava l’autunno alla prima parte della sua vita, ovvero fino alla fondazione della Congregazione delle Ancelle. Pensavo al periodo della sua infanzia e giovinezza, età nella quale la Madre avrebbe conosciuto nel suo intimo una sensibilità nelle cose del Signore con l’incredibile vicenda della prima comunione “rubata” agli otto anni o il misterioso incontro con Santa Teresa di Gesù Bambino col suo messaggio criptico nel continuare la sua stessa missione e diffondere in tutto il mondo la devozione all’Amore Misericordioso del Signore.

Il mio pensare mi ha portato ad accennare anche a qualche sorriso, nel momento in cui mi si sono riaffiorati alcuni episodi curiosi e simpatici raccontatimi su Madre Speranza, come quando mise il fratellino in un tronco pieno di formiche o quando versò la minestra nella scarpa per non mangiarla perché proprio non le piaceva. Di questo primo periodo fanno parte il suo ingresso nelle Figlie del Calvario e il lungo periodo che trascorse con le religiose di Maria Immacolata, probabilmente uno dei più difficili e travagliati momenti della sua vita. Forse il Signore la stava preparando per affrontare il lungo inverno che da lì a poco si sarebbe presentato, rigido, duro ma affrontato con la fermezza che acquisiva dalla relazione intima con il “buen Jesus”, come lei lo chiamava. Egli le avrebbe dato la possibilità di avere un boost di novità tale che da quell’albero potessero nascere tanti frutti, persone che attraverso la loro storia ci hanno raccontato e ci continueranno a raccontare di quel Padre che non è “offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli, e che li segue e li cerca con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro”.

Ecco, in quel momento arriva il mio autobus, mi accingo a salire e a prendere posto. Non posso fare  a meno di dire il mio grazie alla Beata Speranza di Gesù, per il grande messaggio della quale si è fatta discepola, messaggio che Dio ha voluto donarci attraverso la sua persona. Lei, tale carisma, non  solo lo ha incarnato ed annunciato, ma ha saputo renderlo accessibile a tutti coloro che, in un modo o in un altro, si imbattono nella sua storia o nelle opere da lei realizzate, di cui il Santuario rappresenta la perla preziosa da cui tutto può ricominciare, come la primavera dopo un lungo  inverno.

fr. Rosario Marino FAM

26 settembre 2021: FESTA DEL SANTUARIO DELL’AMORE MISERICORDIOSO

Al termine di questo giorno, le Ancelle e i Figli dell’Amore Misericordioso, con gioia, ringraziano il Signore per il giorno di festa che ha caratterizzato il Santuario dell’Amore Misericordioso in Collevalenza, Santuario voluto dal Signore ed edificato per mezzo della Beata Speranza di Gesù. Varie sono state le celebrazioni solenni, i momenti di lode e gratitudine, di festa, di musica e di riflessione che hanno caratterizzato i giorni precedenti a questa festa che è esplosa proprio oggi, 26 settembre. La Famiglia dell’Amore Misericordioso è stata ben lieta di accogliere il Vescovo locale della Diocesi di Orvieto-Todi, Mons. Gualtiero Sigismondi, il quale ha presieduto l’ultima celebrazione di questa giornata attorniato dai sacerdoti Figli dell’Amore Misericordioso e da vari sacerdoti del clero diocesano, ricordando a tutta l’assemblea la straordinaria grandezza dell’amore che Dio riversa sull’uomo. Ha affermato Mons. Sigismondi:

Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Gualtiero Sigismondi

«La liturgia ci consegna una formula bellissima: Dio manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono. La misericordia è il profondo respiro della passione di Dio per l’uomo; la misericordia è la lungimiranza della misericordia di Dio che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. La misericordia è una forza operante anche quando il movimento di conversione non è ancora compiuto ma è appena iniziato. La misericordia fa ascoltare il battito del cuore di Dio, il movimento sistorico della commozione e quello diastorico della compassione, come ci ha ricordato il profeta Osea nella prima lettura. La misericordia manifesta la bontà di Dio che si china sull’uomo, lo solleva alla sua guancia, gli insegna a camminare tenendolo per mano, indicandogli la via della carità, ci è stato ricordato nella seconda lettura (tratta da 1Cor 13): la carità che tutto spera, tutto sopporta. La misericordia di Dio tutto copre ma nulla nasconde: quanto dista l’oriente dall’occidente – ci ha detto il salmista – così allontana da noi le nostre colpe. La misericordia di Dio sovrabbonda dove abbonda il peccato; rivela che Dio è paziente, clemente, indulgente: ci ama fino alla fine. Questa espressione fino alla fine, l’abbiamo sentita nel Vangelo, quando Gesù nel Cenacolo, prima della festa di Pasqua, amò i suoi fino alla fine. Possiamo entrare stasera dentro il Cenacolo, in punta di piedi, per renderci conto di quanto sia smisurato l’amore di Dio su quelli che lo temono, per renderci conto di quanto sia vero che la misericordia di Dio pulisce cielo e terra.

Dentro il Cenacolo c’è una colonna sonora, quella del silenzio: il silenzio dei discepoli increduli nel vedere Gesù che si accinge a lavare loro i piedi. C’è grande silenzio, rotto soltanto dalla voce dell’aria e dallo sguardo dei discepoli. Proviamo ad avvicinarci ad alcuni dei discepoli per vedere da vicino la scena.

Quando Gesù lava i piedi di Pietro, gli occhi di Simone si rifugiano nel catino. Ha tentato di sottrarsi, senza riuscirci. Gli occhi di Simone cercano una via di fuga e la trovano nel catino. E così si specchiano nell’acqua e nello specchio di quell’acqua incontrano gli occhi di Gesù. Proviamo ad immaginare quando Gesù lava i piedi di Giovanni, il discepolo amato, quello che già sento la tachicardia del cuore di Gesù. Chissà, forse Gesù ha stretto i piedi di Giovanni con l’asciugatoio per fargli sentire ancora una volta il suo affetto di predilezione. Gesù, poi, lava i piedi anche a Tommaso, il discepolo che per credere vorrà vedere e toccare le piaghe del Signore. Forse Gesù avrà sfiorato i suoi piedi con la stessa dolcezza con cui Tommaso, il giorno di Pasqua, avrà osato sfiorare solo con gli occhi le piaghe del Signore che da ferite sono diventate feritoie di luce. Poi Gesù laverà anche i piedi di Giuda che, come il Vangelo ci ha ricordato, aveva già aperto il cuore al diavolo. Chissà: in quel catino, il Signore avrà versato l’otre delle sue lacrime amare per il tradimento. Gesù lavando i piedi dei discepoli ha reso loro un atto di omaggio, in ginocchio, quasi per rendere omaggio a quei piedi che avrebbero portato lontano il primo annuncio della gioia pasquale.

Fratelli e sorelle, carissimi. Questa pagina del vangelo di Giovanni ci fa toccare con mano che la misericordia di Dio ci ama fino alla fine; il Signore, attraverso il ministero dell’altare, attraverso la mediazione della Chiesa, nel sacramento della riconciliazione, continua a lavare, non  solo i nostri piedi, ma anche le mani, il capo, la nostra anima, e ci restituisce l’infanzia, l’innocenza battesimale della divina misericordia.

Confessionali presenti nella Cripta

È per me motivo di grande consolazione sapere che, questo Santuario, è uno spazio in cui ci si immerge nell’oceano della divina misericordia grazie alla disponibilità di diversi presbiteri che ogni giorno accolgono coloro che vogliono sentire la misericordia dell’amore di Dio fino alla fine. Chiediamo al Signore la grazia di non dimenticare mai che la dolcezza della divina misericordia passa attraverso il lavacro del sacramento della penitenza. Il battesimo è la prima tavola di salvezza; il sacramento della penitenza è la seconda tavola di salvezza, dopo il battesimo. Versiamo sempre senza timore nel catino del sacramento della riconciliazione le nostre lacrime: sono anch’esse preziose perché anch’esse commuovono il cuore di Dio, Padre Misericordioso. Onnipotente è la sua Misericordia».

PROFESSIONI RELIGIOSE

Scegliendo di consacrare la propria vita attraverso i consigli evangelici di povertà, castità ed obbedienza, si è dinanzi non ad una scelta di privazione, ma alla scelta di un amore più grande. In questi primi giorni di settembre, tre eventi hanno rallegrato la Congregazione dei Figli e la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso.

Domenica 5 settembre 2021, alle ore 11:30 presso la comunità dello juniorato FAM di Spinaceto (RM), nella parrocchia di San Giovanni Evangelista, fr. Lenin Milton Castro Mendieta FAM ha rinnovato per sempre, dinanzi alla comunità e nelle mani di p. Aurelio Perez Garcia (superiore generale FAM) la sua professione religiosa divenendo a pieno membro della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso.

Sempre Domenica 5 settembre, alle ore 17:00 presso il Santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza (PG), sr. Lucia Maria Lara Corsaro EAM, nelle mani di M. Speranza Montecchiani (superiore generale EAM), ha emesso la sua prima professione religiosa nella Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, alla presenza di confratelli e consorelle e di alcuni parrocchiani provenienti da Paternò.

Martedì 14 settembre 2021, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, alle ore 11:00 presso la comunità del noviziato FAM di Targu Neamt, in Romania, nelle mani di P. Aurelio Perez Garcia, fr. Alexandru Cristinel Chirices FAM ha emesso la sua prima professione religiosa nella Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso.

Ringraziamo l’Amore Misericordioso per queste vocazioni offerte alla Sua Congregazione augurando loro di farsi sempre dono di Dio verso gli altri; possano vivere sempre questo nella preghiera affinché le parole dette con le labbra corrispondano sempre ai sentimenti interni al proprio cuore. Auguriamo loro di poter camminare sempre al fianco di Cristo Amore Misericordioso nella costante ricerca della santità a cui ogni uomo aspira, ovvero lo stesso desiderio con cui la Beata Speranza di Gesù lasciò la sua casa per inseguire il Signore.

SCOPRIRE DI ESSERE AMATI PER AMARE A NOSTRA VOLTA – Attività estive della Pastorale giovanile-vocazionale dell’AM

Con il back to school si può definire conclusa la lunga pausa estiva per molti ragazzi e giovani, tornati sì tra i banchi ma riempiti da varie esperienze vissute con altri coetanei alla scoperta e ricerca del volto di Cristo. Nonostante la difficile situazione di emergenza sanitaria che impera ancora nella nostra quotidianità, nel rispetto di tutte le normative vigenti, la Pastorale Giovanile e Vocazionale dell’Amore Misericordioso ha dato appuntamento ai ragazzi sparsi nei vari gruppi d’Italia in due occasioni: a Roma (quartiere Casilino) dal 7 al 14 agosto per il Campo Carità e a Collevalenza dal 18 al 22 agosto per un’esperienza di Esercizi spirituali sul tema “Ripartiamo dall’Amore Misericordioso”. Abbiamo chiesto a loro stessi di raccontarci qualcosa su quei giorni.

La prima è Sofia Frati:

Quest’estate ho partecipato al Campo Carità dal 7 al 14 Agosto: è stata un’esperienza davvero particolare che nella sua semplicità mi ha insegnato e fatto riflettere tanto. La mattina, dopo la Messa e la catechesi, andavamo a visitare uno o più monumenti significativi di Roma, mentre nel tardo pomeriggio e durante la sera di ogni giorno ci recavamo alla Mensa Caritas di Roma per prestare servizio durante la cena degli ospiti: il ruolo che ciascuno di noi ricopriva variava di giorno in giorno e poteva andare dallo stare in linea a servire i pasti allo stare in sala a pulire i tavoli, portare l’acqua  e soprattutto a parlare con gli ospiti; inizialmente quest’ultimo era il compito che più mi metteva ansia probabilmente perché era l’unico per cui non ti venivano date istruzioni precise, non c’era un metodo infallibile per capire chi esattamente avesse avuto voglia di una chiacchierata e chi invece no, ma alla fine della mia esperienza posso dire che è stata una delle serate più belle proprio quella che ho passato in sala: mi sono resa conto che bastava anche solo essere gentile nel chiedere se avessero voluto più acqua per far si che la persona di fronte, nel caso in cui avesse voluto, iniziasse a raccontare di tutto, dai nipoti che aveva visto la settimana scorsa al cane che aveva avuto quando era bambino. A quel punto era facile in quanto potevi ascoltare (cosa che ti sentivi spinto a fare) o, raccontare anche te qualcosa della tua vita con la stessa sincerità e naturalezza con cui ti era stata raccontata poco prima, e forse la parte più bella del Campo è proprio ripensare ora a quelle storie che ancora porto con me.

Ora è la volta di Vittorio Scanu:

Spesso consultiamo i lucidi schermi neri dei nostri dispositivi come fossero lo specchio delle nostre brame più profonde, costantemente in cerca di posti, situazioni, occasioni, persone (o meglio personaggi) che ci parlino della verità di noi stessi. Per quattro giorni alcuni di noi hanno lasciato da parte questa consultazione che a volte puzza di ossessione e hanno creduto a una voce misteriosa, a una presenza che percepivamo nelle nostre vite ma che molto spesso non sapevamo associare a un volto e a un nome, a un invito gentile ad alzare i nostri occhi piantati incessantemente su canoni solipsitici menzogneri e irraggiungibili per puntarli verso altri due occhi, occhi sofferenti e crocifissi ma splendidi perché amanti. Ci siamo sentiti chiamati da parte di qualcuno che conosce la nostra fame di confusione perché abbiamo paura di ciò che potrebbe rivelarci il nostro silenzio; abbiamo corrisposto all’invito di ritirarci in alto per acquisire una prospettiva nuova sulla nostra vita, una prospettiva divina; ci siamo lasciati illuminare da un viso trasfigurato che parla della nostra vera bellezza, quella legata alla riscoperta del sentirci amati e di conseguenza dell’amare a nostra volta; abbiamo accolto la preziosità seminata abbondantemente in queste giornate nei nostri cuori e abbiamo promesso al Seminatore di custodirla e di sfamare con i frutti prodotti le nostre famiglie, le nostre parrocchie, le nostre comunità sparse in tutt’Italia. Abbiamo gustato forse anche solo per un istante quanto sia bello per noi stare lì, tra le braccia di un Padre che ci ricorda che siamo figli Suoi: anche se quanto fosse dolce probabilmente non lo sapevamo, la certezza è che non lo dimenticheremo mai.

Lasciamo l’ultima parola a sr. Lidia, membro dell’equipe di Pastorale Giovanile-Vocazionale dell’Amore Misercordioso:

Andavamo a piedi verso la mensa Caritas sotto il cocente sole romano delle 16 e sopra il rovente asfalto. Circa a metà strada c’era una fontanella con l’acqua fresca dell’acquedotto. Non era un miraggio. Fermarsi lì e riempire le borracce era diventata tappa fissa. Acqua fresca, abbondante, gratuita. Acqua donata, rinfrescante, vitale. Desideravo che l’incontro con gli ospiti della mensa fosse come la sosta a quella fontanella, io e loro al contempo acqua ristoratrice e assetati di umanità… Umanità, appunto, la mia e la loro, non favola…umanità nell’unica versione disponibile: povera, sporca, anelante, bloccata, generosa, vergognosa, con occhi spenti e con sprazzi di luce… Una sosta umanizzante per scoprire le cose che veramente contano, cose semplici e vitali come quell’acqua… Ci ha scosso a tutti i passi saltellanti di una bimba (ospite della mensa insieme ai suoi genitori) che si stava gustando un gelato ricevuto in dono. Sorprendente come quell’acqua fresca. Anche in mezzo all’arsura si può gioire. E’ l’arsura che ti fa gioire di quel zampillo scrosciante. Chi avrà la meglio? L’arsura o l’acqua? La miseria o la misericordia? Hanno bisogno l’una dell’altra…

TRE NOVELLI DIACONI

AUGURI MADRE SPERANZA

7° Anniversario della Beatificazione

“L’anima mia magnifica il Signore, perché ha guardato la piccolezza della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Nella festa della Visitazione, quel 31 maggio 2014, abbiamo cantato le parole di Maria nel Magnificat, e dopo il sigillo della Chiesa, da 7 anni tutto il popolo di Dio può chiamare e venerare come “Beata” la Madre Speranza di Gesù, Fondatrice della nostra Famiglia dell’Amore misericordioso. Benedetta sia la misericordia del Signore, che innalza gli umili, e ha glorificato la sua serva Speranza!

Ben a ragione Papa Francesco, il giorno dopo la Beatificazione, ha detto a tutti in piazza San Pietro: “Facciamo un applauso alla Beata Madre Speranza!”. Meriti davvero un applauso, carissima Madre nostra, tu così schiva del rumore e della gloria mondana. Meriti la lode e la venerazione per ciò che lo Spirito di Dio ha compiuto nella tua vita.

Beata te, Speranza di Gesù, perché sei stata infaticabile Apostola dell’Amore misericordioso del Signore, affinché tutti arrivassero a conoscerlo “non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono che cerca con tutti i mezzi il modo di aiutare, confortare e far felici i suoi figli”.

Beata te, che, ispirata dal Signore, hai proposto una medicina salutare alla disperazione e spalancato la via sicura della speranza, quando hai detto che “anche l’uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre”, e che “quanto più un uomo è debole, povero e miserabile, tanta maggiore attrazione Gesù sente per lui, cioè, la sua misericordia è più grande, la sua bontà straordinaria”.

Beata te, perché ci hai indicato nel comandamento nuovo “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”, l’unica via percorribile per una convivenza pacifica tra le persone, condizione imprescindibile per una civiltà dell’amore, che faccia presente nel mondo il Regno di Dio.

Beata te, perché sei stata buona samaritana di tante persone ferite nel corpo e nello spirito, perché hai asciugato tante lacrime e acceso tanta speranza. Ti sei chinata con amorevole cura sulle piaghe più dolorose dell’umanità. In particolare sei stata madre dei piccoli e dei poveri, nei quali vedevi “i beni più cari del buon Gesù”. Sei stata sorella e madre dei sacerdoti, nei quali vedevi i ministri della misericordia del Signore, loro stessi bisognosi di tanto amore e misericordia. Di loro ti sei presa cura con squisita delicatezza e premura materna, perché venissero aiutati ad essere pastori secondo il cuore misericordioso del Signore.

Beata te, che hai imparato tutto ciò alla scuola del tuo Sposo, contemplando l’Amore Crocifisso, soffrendo e amando con Lui, cercando di piacere a Lui in tutto, accogliendo tutti, fino al punto di far diventare la tua anima “un abisso senza fondo, capace di prendere su di sé e annientare tutte le malvagità dei fratelli… implorando il perdono e la misericordia per i poveri peccatori…”.

Beata te, perché hai creduto con una fede viva, hai sperato con una speranza ferma, appoggiata sulla roccia dell’Amore del Signore, hai amato con amore ardente il buon Gesù e con carità eroica tutti.

Grazie Madre!                                                         

P. Aurelio Pérez fam